Ai Candidati italiani alle Elezioni Europee: le nostre richieste, le loro risposte

In vista delle elezioni europee del 25 maggio, la Campagna ZeroZeroCinque si rivolge ai candidati per verificare i loro impegni su alcune questioni fondamentali per la riforma della finanza.
Le risposte che riceviamo dai candidati sono pubblicate in fondo a questa pagina.
Scarica la scheda.

 

PREMESSA

 

La finanza speculativa sposta montagne di soldi senza costruire nulla24ma perseguendo solo il massimo profitto. Il valore degli scambi di “titoli” è immenso, rispetto a quello dell’economia produttiva di beni e servizi. Un esempio per tutti: nell'economia reale gli scambi di beni e servizi tra Paesi nel mondo hanno un volume di affari che si attesta intorno ai 20.000 miliardi di dollari all'anno, mentre nel mondo finanziario gli scambi di valute hanno superato i 5.000 miliardi di dollari al giorno!

 

La liquidità, riversata in abbondanza sui mercati finanziari dalle politiche monetarie espansive, riaccende l’allerta sul rischio di nuove crisi finanziarie che potrebbero creare effetti ulteriormente devastanti sulla distribuzione del reddito e sulle finanze pubbliche. In un recente documento del Fondo Monetario Internazionale viene evidenziato un aumento del rapporto debito/PIL, a seguito della crisi del 2007, di 70 punti percentuali in Islanda e Irlanda e superiore ai 20 punti percentuali in Grecia, Germania, Regno Unito, Belgio e Olanda. Sebbene l’impatto in Italia sia stato più contenuto (8%) i rischi rimangono elevatissimi dati i livelli del nostro debito pubblico e nessun elemento garantisce che una futura crisi non possa colpirci in modo più significativo.

 

I paesi dell'Unione Europea perdono ogni anno 1.000 miliardi di euro in evasione ed elusione fiscale secondo le stime della Commissione Europea. Allo stesso tempo si stima che 32.000 miliardi di dollari di ricchezza finanziaria si trovano nei paradisi fiscali. Così ogni anno i governi europei e quelli in via di sviluppo si vedono sottratti miliardi di euro con i quali invece si potrebbero finanziare servizi pubblici per tutti i cittadini, in Europa ed altrove.

 

Noi cittadini stiamo pagando un prezzo altissimo per la crisi. Il nostro denaro è stato investito in un “casinò finanziario” per la ricchezza di pochi. E mentre con i soldi pubblici (ancora una volta soldi nostri!) si tappavano le falle create proprio dall’irresponsabilità degli speculatori, la speculazione finanziaria ripartiva senza interruzioni significative e senza rispondere dei danni causati.  L’uso speculativo del denaro è un’attività che si pone in netta antitesi agli sforzi di settori produttivi che generano un reddito stabile e duraturo nel tempo.  Avallarne i benefici effimeri vuol dire creare pericolose illusioni che spingono singoli ed istituzioni finanziarie a mettere a rischio il benessere di famiglie, comunità ed interi Paesi.

 

 

Se l’Europa vuole davvero intraprendere un nuovo corso nel segno della responsabilità e dell’innovazione, la riforma della finanza è un settore cruciale in cui intervenire con urgenza e determinazione.

 

 

RICHIESTA DI IMPEGNO

 


Come candidato alle elezioni del Parlamento Europeo
quale sarà il Suo contributo per la riforma della finanza e per la giustizia fiscale?


In particolare si impegna a:

 

·         Fare luce sull'operato delle multinazionali in ogni singolo Paese, obbligando queste a rendere pubblici, in ciascun Paese in cui operano (rendicontazione Paese per Paese), i dati relativi ai profitti, alle tasse pagate, ai sussidi ricevuti, al fatturato e al numero della forza lavoro

 

Perché è importante:Una delle misure che singolarmente darebbe maggiore impulso alla lotta contro i paradisi fiscali è la rendicontazione Paese per Paese (Country by Country reporting) dei dati contabili e fiscali delle imprese multinazionali. Queste ultime devono oggi riportare nei propri bilanci unicamente dati aggregati per macro-regioni. In questo modo è impossibile sapere cosa avviene in ogni Paese, e in particolare se le imprese pagano in ogni giurisdizione le tasse dovute per le attività di produzione e commercio e per i profitti realizzati. L'obbligo di pubblicazione dei bilanci e dei dati relativi a profitti e tasse pagate in ogni giurisdizione consentirebbe un decisivo salto di qualità nella lotta contro l'evasione fiscale. Se i cittadini non hanno accesso alle informazioni delle  multinazionali che operano nei singoli paesi, compresi i dati relativi ai loro profitti, all’attività economica e alle tasse versate in ogni Paese, non sarà possibile valutare se  la tassazione a cui sono sottoposte è giusta. L’attuale mancanza di chiarezza permette alle multinazionali di evadere le tasse, aggirare le leggi fiscali nazionali e di spostare i propri profitti verso i paradisi fiscali.
Alla luce delle ingenti risorse perse ogni anno a causa dell’evasione fiscale sia nell’UE sia nei Paesi in via di sviluppo, è fondamentale rendere i bilanci societari più trasparenti.

 

·       Rendere noti i veri proprietari delle società, attraverso la creazione di un registro accessibile al pubblico sui proprietari di tutti i fondi societari, fondazioni e società presenti in un dato territorio

 

Perché è importante: Vi è un abuso di strutture legali che mantengono l’anonimato dei proprietari al fine di occultare e riciclare soldi derivanti dall’evasione, dalla corruzione e da altre attività illegali. Per prevenire il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale, l’UE deve creare registri pubblici dove vengano indicati gli effettivi ultimi beneficiari (la cosiddetta beneficial ownership) dei profitti di società, fondi fiduciari, fondazioni e altre strutture legali simili.

 

·         Tassare in Europa le Transazioni Finanziarie, per frenare la speculazione finanziaria e compensare i tagli subiti dai cittadini europei a causa della crisi finanziaria. Questa tassa potrebbe infatti generare risorse da destinare ad interventi di lotta alla povertà in Europa e, in parte, ad interventi di solidarietà internazionale verso i Paesi più poveri e di contrasto ai cambiamenti climatici.

 

Perché è importante: Una piccola tassa su ogni compravendita di strumenti finanziari non scoraggia i normali investimenti sui mercati, mentre argina gli eccessi di chi acquista e vende titoli migliaia di volte in un solo giorno, anche nell’arco di pochi secondi, per guadagnare sulle piccole oscillazioni del loro valore. Il peso della tassa diventa progressivamente più alto tanto più gli obiettivi sono di breve periodo.
Secondo le stime della Commissione Europea questa tassa se applicata negli 11 Paesi Membri, tra cui l’Italia, che hanno aderito al progetto di cooperazione rafforzata potrebbe generare un gettito fino a 35 miliardi di euro l’anno, e se applicata in tutti i Paesi UE potrebbe generare fino a 57 miliardi di euro l’anno.

 

In Europa è attiva la lobby della finanza che, parola del Commissario europeo Semeta, è la più potente di tutti. Secondo i dati del recente rapporto di Corporate Europe, questa lobby ha un fatturato di oltre 120 milioni di Euro ed impegna oltre 1.700 persone, contro i 4 milioni di euro spesi da altri stakeholder (associazioni di consumatori, no profit, sindacati). L’attività di lobbying della finanza ha chiamato i parlamentari europei in oltre 1.900 incontri, monopolizzando la discussione e la partecipazione. La lobby finanziaria difende gli interessi di “high frequency traders”, “hedge funds”, “paradisi fiscali”, “speculatori in  derivati su valute, materie prime, Stati”, e si oppone a una forte regolamentazione dei mercati, ostacolando ad esempio l’introduzione di un’efficace Tassa sulle Transazioni Finanziarie e la separazione tra Banche d’affari e Banche commerciali.
Molti Parlamentari europei hanno già denunciato che questo condizionamento rischia di essere un impedimento per la vita democratica, se non si consolida una lobby altrettanto forte orientata all’Etica nella Finanza.

 

Come candidato alle elezioni del Parlamento Europeo ha intenzione di impegnarsi

per dare voce agli altri stakeholders, come la Campagna Zerozerocinque, attivi nel sostenere che

le attività nei mercati finanziari  non possono svolgersi in contrasto con l’utilità sociale?

 

 

 

 

 

PUBBLICAZIONE DEGLI IMPEGNI

 

Le risposte dei candidati che vorranno impegnarsi sulle richieste della Campagna ZeroZeroCinque verranno rese pubbliche sul sito della campagna. Inviare le risposte all’indirizzo e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

- Risposta di Leonardo Domenici, Deputato Europeo, Candidato del Partito Democratico alle Elezioni Europee-Circoscrizione di Centro

 

- Risposta di Patrizia Toia, Deputato Europeo, Candidata del Partito Democratico alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Ovest

 

- Risposta di Stefano Cobello, Candidato del Movimento5Stelle alle Elezioni Europee-Circoscizione Nord-Est


 

- Risposta di Giuseppa Campo, Candidata del Movimento5Stelle alle Elezioni Europee-Circoscrizione Centro

 

- Risposta di Roberto Albanese, Candidato dei Green Italia/Verdi Europei alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Ovest

 

- Risposta di Piernicola PediciniCandidato del Movimento5Stelle alle Elezioni Europee-Circoscrizione Sud

 

- Risposta di Marco ValliCandidato del Movimento5Stelle alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Ovest

 

- Risposta di Raffaella Bolini, Candidata lista “L’Altra Europa con Tsipras” alle Elezioni Europee-Circoscrizione Centro

 

- Risposta di Giovanni Barbagallo, Candidato del Partito Democratico alle Elezioni Europee-Circoscrizione Isole

 

- Risposta di Anna Lucia Bonanni, Candidata Lista “L’Altra Europa con Tsipras” alle Elezioni Europee-Circoscrizione Sud

 

- Risposta di Elly Schlein, Candidata del Partito Democratico alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Est

 

- Risposta di Tommaso FattoriCandidato Lista “L’Altra Europa con Tsipras” alle Elezioni Europee-Circoscrizione Centro

 

 

 

Hanno inoltre sottoscritto gli impegni anche:

 

 

Piergiovanni AllevaCandidato lista “L’Altra Europa con Tsipras” alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Est

 

Isabella CirelliCandidata lista “L’altra Europa con Tsipras” alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Est

 

Michele Cammarano, Candidato del Movimento5Stelle alle Elezioni Europee-Circoscrizione Sud

 

Fabio Filippi, Candidato di Forza Italia alle Elezioni Europee-Circoscrizione Nord-Est

 

Vittorina Rossi, Candidata di Scelta Europea alle Elezioni Europee-Circoscrizione Isole

 

Dario Tamburrano, Candidato del Movimento5Stelle alle Elezioni Europee-Circoscrizione Centro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Novità di inizio anno: svolta nel negoziato sulla TTF europea?

Il 2014 si è chiuso con un nulla di fatto. L’accordo sulla prima fase di implementazione della tassa europea sulle transazioni finanziarie (TTF) non è stato ancora raggiunto. I primi due mesi del 2015 hanno tuttavia riservato delle sorprese. Un’apertura inaspettata da parte della Francia fa prospettare un’uscita dall’impasse nel negoziato a 11.

 

 

Il negoziato sulla TTF europea compie due anni. Pochi giorni fa il negoziato tra 11 Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna, Austria, Belgio, Slovenia, Slovacchia, Grecia, Portogallo ed Estonia) per l’introduzione di una comune tassa sulle transazioni finanziarie ha festeggiato il suo secondo compleanno.

Era il 14 Febbraio del 2013 quando l’allora Commissario europeo alla fiscalità Algirdas Semeta presentò agli 11 paesi della cooperazione rafforzata una bozza di direttiva con le linee guida tecniche per una TTF regionale dall’architettura estremamente solida. Un’ampia base imponibile, basse aliquote e dei principi di applicazione che rendessero la misura fiscale di difficile evasione. Un testo di partenza per i lavori negoziali che combinava oculatamente gli aspetti (anti-speculazione) di regolamentazione finanziaria incorporati nell’imposta assieme al suo potenziale fiscale (34 miliardi di euro all’anno il gettito stimato dai tecnici della Commissione UE per gli 11 paesi). 

Da allora sono trascorsi due anni. Due anni di flebili accelerazioni, frequenti stalli seguiti da tiepide ripartenze dei lavori negoziali.

 

 

L’anno della svolta…mancata. L’anno che ci siamo lasciati alle spalle sembrava poter rappresentare una pietra miliare nel travagliato iter di una misura fiscale che guadagna crescente popolarità presso i cittadini e le organizzazioni della società civile che la sostengono con convinzione su tutto lo scacchiere continentale.

Il 6 maggio scorso, a pochi giorni dalle elezioni europee, dieci degli 11 ministri delle finanze della cooperazione rafforzata in un rarissimo pronunciamento pubblico assumevano infatti solennemente l’impegno di consolidare un accordo entro la fine dell’anno sul disegno della TTF europea da applicare alla compravendita sui mercati regolamentati e over the counter di azioni e “alcuni strumenti derivati”, da implementare al più tardi a partire dal 1 gennaio 2016.

Un annuncio dai contorni poco nitidi, come “denunciato dalla nostra campagna ”, vista la mancanza di espliciti riferimenti ai fondamentali aspetti tecnici della misura fiscale in fase di negoziazione. Dettagli insufficienti per poter oggettivamente valutare le intenzioni dei governi di mantenere in piedi la solida architettura della TTF elaborata dalla Commissione europea oppure di retrocedere e puntare al ribasso, annacquandone il disegno e riducendone la portata.   

Si è trattato tuttavia di un segnale importante - lanciato a riflettori e microfoni accesi - sotto il profilo di un’apparente volontà politica di arrivare alla conclusione dei lavori, un segnale con cui si definivano una road map per i mesi a venire e una scadenza temporale per l’annuncio di un accordo tanto atteso.

  

9 dicembre 2014, il giorno dell’ultimo vertice ECOFIN dell’anno, a guida italiana, diventava così l’ultima data utile nel calendario istituzionale europeo in cui prospettare la chiusura del negoziato sull’architettura della prima fase di implementazione della tassa sulle transazioni finanziarie.

E a dicembre un annuncio da parte degli 11 è davvero arrivato, ma nella realtà si è trattato di una laconica presa d’atto di come le delegazioni negoziali non siano riuscite a emergere dall’impasse e a trovare la quadra. Un nulla di fatto, qualche modesto progresso, tante grazie, le negoziazioni riprenderanno a inizio anno.

 

 

Il negoziato nel 2014 sotto la Presidenza italiana. Fra maggio e dicembre i round negoziali erano ritornati al consueto formato, con incontri a margine dei vertici istituzionali europei e sporadici contatti bilaterali, a porte chiuse, nel più assoluto riserbo.  In estate il coordinamento del tavolo negoziale è passato dalla Grecia all’Italia, alla guida dal 1 luglio della Presidenza di turno dell’UE, un impegno gravoso, reso complicato secondo le indiscrezioni recepite dalla campagne europee, dalle pesanti intromissioni e pressioni delle lobby finanziarie sui governi dei paesi coinvolti, da una disomogeneità nel livello di competenze tecniche delle delegazioni e dalla difficoltà di coinvolgere tempestivamente il più alto livello politico (ministri delle finanze e capi di Stato e di Governo) nei tanti momenti di stallo negoziale tra i tecnici ministeriali.

 

Il nostro governo ha scelto di mantenere un profilo super partes e inclusivo nei lavori, favorendo la partecipazione dei paesi UE non aderenti alla cooperazione rafforzata e mostrandosi alla ricerca del più ampio consenso possibile. Pur ritenuto importante, il dossier sulla TTF europea non ha tuttavia rappresentato una priorità per la Presidenza italiana. Poche laconiche dichiarazioni di carattere generale da parte del Ministro Padoan in avvio del semestre italiano, nessun accenno alla misura fiscale da parte del Presidente del Consiglio Renzi nel corso dell’intero periodo di Presidenza. Un atteggiamento di chiusura e vaghezza attestato anche dalla genericità delle risposte del governo all’interrogazione parlamentare in Commissione Finanze alla Camera promossa a fine ottobre dalla campagna ZeroZeroCinque e presentata dall’On. Paglia.

Ma quali sono i punti di convergenza effettivamente raggiunti? E cosa ha impedito il consolidamento di un accordo?

 

 

Stato d’arte al 9 Dicembre. Le informazioni raccolte dalle campagne europee hanno permesso di scattare la seguente istantanea, datata 9 dicembre.

 

TTF europea sulle azioni: un accordo di massima sugli asset finanziari assimilabili alle azioni (e dunque intercettati dalla “TTF azionaria”) è stato raggiunto, mentre la discussione resta apertissima ed estremamente polarizzata sul principio di applicazione dell’imposta.

Due le opzioni sul tavolo negoziale: secondo la prima opzione (ben vista dall’Italia, Francia e Spagna) la base imponibile azionaria della misura fiscale andrebbe definita ricorrendo al  principio di emissione dello strumento (come per le TTF francese e italiana); la tassa sulle azioni intercetterebbe dunque esclusivamente le azioni emesse dalle entità residenti nella tax area a 11, indipendentemente dal luogo/mercato in cui avviene la compravendita. La seconda opzione (cardine della proposta di partenza della Commissione Europea sostenuta dalla Germania e dagli altri Stati Membri, di più piccole dimensioni, aderenti alla cooperazione rafforzata) prevede che la base imponibile azionaria venga stabilita mediante ricorso al principio di residenza (rafforzato dal principio della controparte) dell’istituzione finanziaria/operatore. In base a tale principio, qualunque transazione in strumenti assimilabili alle azioni è passibile di imposta, indipendentemente dal luogo/mercato in cui avviene la compravendita e dal soggetto che ha emesso il titolo, se una delle due controparti nella transazione è residente nella tax area o opera per conto di un residente nella tax area oppure è una filiale di una istituzione residente nella giurisdizione fiscale a 11.

La combinazione del principio di residenza (prevalente), affiancato a quello di emissione, garantirebbe la più ampia copertura al pagamento della TTF e ridurrebbe il rischio di rilocazione degli operatori ed evasione dell’imposta .

Le delegazioni negoziali hanno affrontato solo sommariamente la questioni delle aliquote con la proposta della Commissione europea di un’aliquota dello 0.1% su ogni compravendita azionaria ancora sul tavolo.

 

TTF europea sui derivati: la definizione delle classi di strumenti derivati da assoggettare a tassazione ha costituito uno dei punti dolenti del negoziato. Nessuna convergenza per la forte resistenza, perdurata per tutto lo scorso autunno, da parte del Ministero delle Finanze francese, supportato dal Ministero delle Finanze iberico. Il dibattito si è arenato sulle tipologie di derivati cui applicare la TTF, mentre le aliquote, il valore di un derivato e i principi di applicazione della tassa sui derivati non sono ancora entrati nel perimetro negoziale.

 

Allocazione del gettito della TTF europea: la destinazione delle entrate della TTF europea non è stata ancora oggetto di discussione nel corso dei round negoziali autunnali. Le persistenti divergenze sull’architettura dell’imposta hanno di fatto portato le delegazioni e la Presidenza italiana ad evitare di affrontare la questione del gettito che avrebbe potuto, nella visione dei negoziatori, ostacolare ulteriormente i flebili progressi negoziali.

 

Il freno a mano francese. La Francia porta sulle spalle le responsabilità maggiori per il mancato raggiungimento dell’accordo nel 2014. Il Ministero delle Finanze francese, nel silenzio complice dell’Eliseo, si è schierato contro la tassazione dei derivati, mostrando un’apertura solo sui credit default swaps (passati tristemente alla ribalta all’apice della crisi finanziaria) che tuttavia costituiscono un segmento estremamente ridotto del mercato dei derivati su cui la finanza francese in fermento potrebbe essere anche disposta a delle concessioni. Ben diverso è il discorso relativo ai derivati azionari (equity derivatives). BNP Parisbas e Societe Generale sono dei leader continentali in questo comparto e il governo francese ha ceduto alle minacce dei due grandi istituti di credito di spostare le proprie divisioni di trading nella City londinese e di rivedere gli accordi (tutt’altro che pubblici) con il governo per la compartecipazione all’acquisto della borsa parigina. Una chiusura a oltranza, quella francese, un’opposizione sferzante persino all’opzionalità per gli altri paesi del negoziato di tassare questi strumenti, qualora lo ritenessero opportuno, nonché all’eventualità di introdurre la TTF sui derivati azionari con un tasso provvisoriamente nullo. 

Le divergenze di vedute e il dissapore per la chiusura francese hanno seriamente minacciato di affossare il negoziato. Il pericolo di vedere implodere la cooperazione rafforzata è stato scongiurato con la decisione di limitarsi all’ECOFIN del 9 dicembre ad annunciare con la massima generalità i (pochissimi) punti su cui sono stati registrati dei passi in avanti, impegnandosi a proseguire ancora nelle trattative per arrivare a una soluzione di compromesso accettabile per tutti.   

 

 

L’inattesa novità del 2015. In uno scenario di veti incrociati e una reale mancanza di disponibilità a scendere a compromessi, l’uscita dall’impasse negoziale sembrava allontanarsi.

Ma un’imprevedibile inversione di rotta da parte della Francia a inizio 2015 sembra aver ridato nuove prospettive alle sorti della TTF europea.

A metà dicembre 140 deputati socialisti dell’Assemblea Nazionale (tra cui l’ex primo ministro Jean-Marc Ayrault) hanno invitato con una lettera pubblica il primo ministro  Manuel Valls a rivedere il posizionamento sulla TTF dell’esecutivo francese, ricordando fra l’altro l’impegno elettorale (2012) del presidente Hollande di sostenere un’imposta dall’impianto solido e ambizioso.

Chiamato indirettamente in causa dalla propria base parlamentare e dal pressing mediatico alimentato dalla campagna francese, Hollande, silente sul tema per tutto il semestre italiano, ha reagito il 5 Gennaio nel corso di un’intervista radiofonica alla radio France Inter. La dichiarazione del titolare dell’Eliseo rappresenta un incredibile quanto impensabile cambiamento di verso. Hollande ha riconosciuto le responsabilità francesi nello stallo negoziale e ha dichiarato di aver dato mandato al suo Ministro delle Finanze Michel Sapin a convocare una riunione delle 11 delegazioni negoziali per presentare la “nuova posizione” francese. Apertura alla tassazione della più ampia classe di derivati possibile, seppure con tassi più bassi rispetto alla proposta della Commissione.  Tassa da implementare nel 2016 o al più tardi nel 2017. Destinazione di parte del gettito per il contrasto ai cambiamenti climatici.

Le parole di Hollande non sono rimaste disattese. Il 22 gennaio i ministri delle finanze francese M. Sapin e austriaco H. J. Schelling hanno inviato una lettera ai 9 partner negoziali (tra cui il nostro P. C. Padoan) con una proposta di compromesso per il rilancio del negoziato. A margine del vertice ECOFIN del 27 gennaio gli 11 ministri delle Finanze della cooperazione rafforzato hanno preso atto del cambiamento del contesto e dello sblocco dei lavori, assegnando informalmente all’Austria il ruolo di coordinamento politico e al Portogallo quello di coordinamento tecnico dei lavori. La trattativa sui derivati (in particolare sulla definizione delle aliquote) è ripartita e il traguardo di implementazione sembra ancora oggi dato dal 1 Gennaio 2016. Al momento le delegazioni puntano ad un’unica fase di implementazione della misura fiscale (a differenza di un approccio graduale, per fasi successive, immaginato nel corso del 2014) con una possibile revisione del disegno della tassa dopo un periodo di valutazione dei suoi impatti sui diversi segmenti del mercato. Interessanti prospettive anche sul versante dell’allocazione del gettito. La Francia sembra intenzionata a proporre a breve ai partner tedeschi la sottoscrizione di un impegno congiunto sulla destinazione degli introiti della TTF – in via prioritaria per il contrasto ai cambiamenti climatici – da presentare agli altri partner per favorire l’apertura di un negoziato a 11 (parallelo a quello sull’architettura dell’imposta) che porti a un accordo comune sull’uso dei proventi fiscali della tassa.

 

 

Il fermento  delle lobby finanziarie.  L’inattesa ripartenza del negoziato ha messo in subbuglio gli ambienti finanziari continentali. Prese quasi in contropiede, le maggiori federazioni bancarie del vecchio continente hanno inviato a fine gennaio una lettera rivolta a tutti e 28 i ministri delle finanze dell'UE per rallentare i lavori negoziali. Un tentativo di pressione portato avanti con argomenti datati a cui le campagne europee hanno da tempo risposto con convinzione. Anche il più longevo e influente business lobbying group europeo, Business Europe, ha deciso di intervenire a gamba tesa, dopo un analogo tentativo perpetrato a novembre 2014  – intercettato e contrastato pubblicamente dalle Robin Hood Tax Campaigns di esercitare pressione sul primo Vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans. Le crescenti e manifeste ingerenze delle lobby della finanza, se da una parte preoccupano e vanno denunciate con forza, dall’altra rappresentano un segnale di ritorno delle discussioni negoziali verso posizioni tecniche più ambiziose.

 

 

Vigilanza civica. La Campagna ZeroZeroCinque e le Robin Hood Tax Campaigns europee vigileranno sui lavori negoziali destinati verosimilmente a intensificarsi nei mesi primaverili. Le scelte sull’architettura della TTF europea che sosteniamo con decisione e che assieme a tanti cittadini chiediamo di appoggiare agli 11 governi del negoziato riguardano in primo luogo il ricorso al principio di residenza per la tassazione delle transazioni azionarie/obbligazionarie e la reale inclusione della più ampia classe di derivati possibili nella base imponibile dell’imposta con aliquote seppur “di compromesso” ma non prossime allo zero. Seguiremo costantemente anche gli sviluppi della possibile apertura del negoziato sull’allocazione del gettito che la nostra campagna chiede di destinare imprescindibilmente  a vantaggio della collettività. Un “tesoretto” da utilizzare in parte per tangibili misure di lotta alla povertà e di riduzione delle preoccupanti diseguaglianze socio-economiche che contraddistinguono sempre più drammaticamente le nostre società, Italia inclusa, e in parte per sostenere a livello internazionale programmi di cooperazione allo sviluppo e di contrasto ai cambiamenti climatici. 

Chiediamo a tutti di sostenerci. È una battaglia che riguarda tutti noi e che si svolge su un campo dove fin troppo spesso i governanti preferiscono muoversi con ingiustificabile lentezza e cautela, con un orecchio prestato agli interessi di parte del settore da riformare, lontano dallo scrutinio dell’opinione pubblica. In questo, i decisori politici sono d’altronde facilitati da un’estrema ritrosia dei media nazionali a far sì che riacquisti centralità nel dibattito pubblico il tema di un’onnicomprensiva riforma dell’ipertrofico settore finanziario, di quei mercati la cui avidità di “far soldi dai soldi” ha sempre più spesso gravi ripercussioni sulla nostra vita quotidiana. Una solida TTF europea rappresenta un primo passo nella giusta direzione. E non smetteremo di far arrivare la nostra voce a chi, nei palazzi istituzionali, sembra sottovalutarne la portata.

 
 

 

 
 

Lettera della Campagna 005 al Sottosegretario Del Rio

 

 

Roma, 10 Aprile 2014

 

Gentile Sottosegretario Graziano Del Rio,

 

La contatto in qualità di portavoce della Campagna ZeroZeroCinque, espressione italiana di un più vasto movimento europeo e internazionale di organizzazioni della società civile attive da anni per promuovere un’equa riforma della finanza a partire dall’introduzione di una Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF).

 

Siamo ad un punto di svolta importante del negoziato intergovernativo su questa materia. Per la prima volta 11 Paesi membri dell’UE, tra cui l’Italia, potrebbero realisticamente raggiungere un accordo volto ad introdurre una TTF europea attraverso la procedura della cooperazione rafforzata. Un processo ed un risultato di straordinario significato politico,  a cui le nostre campagne europee stanno intensamente lavorando da tempo. Vogliamo infatti contribuire alla formulazione di un modello efficace di tassa, così come proposto dalla stessa Commissione Europea. Siamo convinti che la TTF europea rappresenti un’opportunità concreta, ed imperdibile, per dar corso alle riforme non più procrastinabili per “riportare l’economia e la finanza ad un’etica in favore dell’essere umano”, per dirla con le recenti parole di Papa Francesco: parole che a noi, impegnati in questa campagna, risuonano particolarmente cariche di significato e di incoraggiamento.

 

Un mese fa circa abbiamo scritto al Presidente Matteo Renzi e al Ministro Pier Carlo Padoan per presentare  le posizioni della nostra Campagna sul negoziato in corso (la invitiamo a leggere qui il testo della lettera).

Non ci è ancora chiaro quale sia la posizione del Governo italiano al tavolo negoziale in questa fase così decisiva. Vogliamo sperare che un Governo che si definisce “di svolta” sia in grado di compiere scelte coraggiose e coerenti sul tema della riforma della finanza, dall’introduzione della TTF europea,alla lotta all’evasione ed elusione fiscale, alla separazione tra banche commerciali e banche d’affari, alla definizione di un tetto massimo alle retribuzioni e ai bonus dei top manager.        

 

Ci rivolgiamo a Lei nella Sua attuale veste di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ricordiamo assai chiaramente che in passato, da Presidente dell’ANCI, Lei accolse con favore e sostenne la nostra Campagna (qui la lettera con cui nel 2011 ha risposto all’appello della nostra Campagna), condividendone i principi ispiratori. Lei era un convinto alleato nella proposta specifica di una tassazione sulle transazioni finanziarie, con una destinazione del gettito per interventi di lotta alla povertà in Italia, e in parte per obiettivi di solidarietà internazionale a favore dei Paesi più poveri e per il contrasto ai cambiamenti climatici.

 

Siamo certi che il Suo convincimento a sostegno della TTF non sia mutato in questi anni; confidiamo quindi che nella Sua nuova funzione istituzionale vorrà farsene promotore in seno all’attuale Governo. L’Italia ha l’occasione storica di poter contribuire positivamente al negoziato in corso in Europa, dando un segnale di svolta che avrà di sicuro risonanza a livello globale. Anche con queste scelte di discontinuità rispetto al passato il nuovo Governo può finalmente dare una risposta concreta al bisogno, fortemente sentito dalla maggioranza dei cittadini e delle cittadine, di rinnovamento dell’attuale paradigma economico-finanziario. La TTF è un primo passo, ma un passo decisivo per scongiurare il sopraggiungere di nuove crisi simili a quella che stiamo vivendo da sei anni.

 

Qualora la Sua intensa agenda istituzionale lo permettesse, saremmo lieti di poterLa incontrare. Restiamo comunque a Sua completa disposizione per approfondimenti nel merito della questione che abbiamo sottoposto alla Sua attenzione.

 

Nel ringraziarla per la considerazione che vorrà dare a questa nostra comunicazione, voglia gradire i nostri più cordiali saluti,

 

Leonardo Becchetti
Portavoce
Campagna ZeroZeroCinque

 

Contatti segreteria Campagna:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; www.zerozerocinque.it
T. 349-7817601

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La 005 interviene al Festival del Volontariato

L'11 Aprile saremo a Lucca al Festival del Volontariato. In un seminario organizzato da FOCSIV "Per la democrazia alimentare, contro la speculazione finanziaria" interverrà per la Campagna ZeroZeroCinque Nicola Ciampoli.
 

Vi aspettiamo!
 

 

 

 

 

Tassare le rendite e le transazioni finanziarie: la complementarità delle misure


Bene tassare di più le rendite finanziarie, ma senza la Tassa sulle Transazioni Finanziarie rischiamo di cadere dalla padella nella brace!
di Antonio Tricarico, Re:Common

 


La decisione del governo Renzi di aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, eccetto che per quelle collegate ai titoli di stato italiani, rischia di creare un alibi immotivato per smettere di sostenere la necessità di introdurre la tassazione sulle transazioni finanziarie (TTF), che è qualcosa di ben diverso.


Ricapitolando sulle misure possibili che riguardano la tassazione in ambito finanziario, la patrimoniale finanziaria tasserebbe – probabilmente in maniera spot – i patrimoni finanziari a prescindere da quanto e se rendono (ossia le azioni ed obbligazioni di cui persone ed aziende sono già in possesso, o gli stessi depositi in banca). Una patrimoniale finanziaria, spesso applicata in situazioni eccezionali, intende colpire i grandi patrimoni (più di 3,200 miliardi di euro di ricchezza finanziaria accumulata dalle famiglie italiane) e racimolare risorse per una redistribuzione sociale della ricchezza.


Tassare le rendite finanziarie invece vuol dire tassare il guadagno che ti da il possesso del bene finanziario, e non il capitale. Ciò già avviene ma a tassi molto bassi – fino al governo Monti ad un vergognoso 12,5%, poi al 20%, ed oggi Renzi vuole il 26% lasciando però i titoli di Stato al 12,5%, ed i conti di deposito al 20%. Ossia si tassano due tipi di profitti che i beni finanziari posseduti possono generare: da un lato i dividendi delle azioni, gli interessi delle obbligazioni o i rendimenti dei fondi di investimento o dei conti di deposito; dall'altra eventuali guadagni di capitale (capital gain) legati alla possibilità di vendere i titoli finanziari posseduti prima del tempo poiché il prezzo di mercato in quel momento è maggiore di quello all'acquisto. La tassazione delle rendite finanziarie serve principalmente a disincentivare la rendita da attività che non generano direttamente nuova produzione e lavoro, spostando gli investimenti nella cosiddetta economia produttiva. Anche se è giusto differenziare in una certa misura tra le varie forme di rendita. Ossia se metto i miei pochi risparmi nel capitale di una società con una prospettiva di lungo termine, senza dubbio avrò anche alcuni dividendi ogni anno, ma aiuto anche a creare economia produttiva e lavoro e non ho un atteggiamento eccessivamente “parassitario”, come quando incasso capital gain nella rapida compravendita di azioni. Ovviamente la tassazione genera anche una buona entrata per il governo.


Tassare le transazioni finanziarie è invece qualcos'altro. Significa tassare l'operazione di acquisto e la vendita dei beni finanziari, l'equivalente di un'imposta di bollo per ogni transazione che avviene sui mercati finanziari, inclusi soprattutto i prodotti derivati, i quali essendo contratti non sono considerati neanche un bene finanziario in senso stretto e generano spesso una rendita difficilmente tracciabile. A cosa serve la TTF? A sgonfiare il volume di transazioni sui mercati finanziari, la gran parte delle quali sono operate in meno di un millesimo di secondo da computer automatizzati programmati per speculare sui valori che oscillano sui mercati dei vari beni finanziari. La TTF quindi sposta gli investimenti finanziari dal brevissimo al medio e lungo termine ed aiuta quindi la stabilità finanziaria dell'intero sistema, punendo non solo le rendite generate nel brevissimo tempo, ma soprattutto gli atteggiamenti speculativi particolarmente aggressivi che, considerati a livello macro, creano problemi gravi per la sfera produttiva così come per quella finanziaria.


Probabilmente l'Italia ha bisogno di tutti e tre i tipi di misure per la grave situazione finanziaria in cui è caduta. E per questo ben venga che il governo alzi la tassazione delle rendite finanziarie, per altro allineandoci con gli altri paesi europei – in breve noi siamo stati fino al 2011 una sorta di paradiso fiscale in Europa per questi tipi di guadagni!  Ma sarebbe un errore molto grave per il governo pensare che allora una TTF non serva più. La realtà è esattamente l'opposto, poiché la tassazione più alta delle rendite finanziarie rischia di spostare gli investimenti parassitari verso il “trading fai da te” centrato su prodotti derivati, piattaforme online di trading, ed altri prodotti strutturati che facilmente scappano al fisco. Al riguardo la tassazione di ogni transazione con un'aliquota dello 0,05% non sarebbe affatto, in termini assoluti, un carico ulteriore sulle rendite finanziarie legate ad investimenti di medio e lungo termine, mentre colpirebbe in maniera sacrosanta gli speculatori del breve e brevissimo termine. Insomma, alzare giustamente la tassazione sulle rendite finanziarie, senza erroneamente introdurre una TTF, farà fare un po' di cassa al governo ma rischia di “finanziarizzare” ancora di più la nostra economia. Meditate Renzi e Padoan, meditate.

 

 

 

 

 

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