CORRIERE DELLA SERA: Al vertice di Davos tra i monti svizzeri, ma il futuro nasce ancora qui?

World Economic Forum: Da domani la quarantunesima edizione

di Danilo Zaino


DAVOS (Svizzera) - Bene: che il Davos Man - bianco, anglosassone, ricco, frequent flyer, con moglie-trofeo al seguito - sia morto con la crisi finanziaria lo sanno tutti (meno qualche banchiere che fa finta di non avere avuto la notizia). Domani, per la quarantunesima volta di fila, inizia però il World Economic Forum, il summit che all'Uomo di Davos rese gloria negli anni della globalizzazione americana, e la domanda è: la triste scomparsa si porterà dietro il Forum stesso? Ha ancora senso e futuro, nell'epoca post-crisi, questo incontro tra élite mondiali sulle montagne un tempo silenziose e riservate ai migliori sanatori della Svizzera?

Il suo presidente, il professor Klaus Schwab, è un piccolo Ercole che con metà di se stesso corteggia i grandi del pianeta per averli sul suo palco e con l'altra metà cerca di trasformare lo spirito di Davos per metterlo in sintonia con quello dei tempi. La prima fatica sembra avere avuto successo anche quest'anno, dal momento che parecchi capi di governo si sono sentiti lusingati ancora una volta dall'idea di parlare al mondo da queste vette. Domani, per dire, il presidente russo Dimitry Medvedev aprirà i lavori. E in settimana prenderanno il podio Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, David Cameron: i leader dei tre maggiori Paesi della Ue (il quarto, Silvio Berlusconi, non è mai stato un frequentatore di queste montagne). Ci saranno anche membri dell'Amministrazione americana, di certo il ministro del Tesoro Timothy Geithner, forse, a sorpresa, la segretaria di Stato Hillary Clinton, storica oratrice davosiana, come suo marito Bill.

Soprattutto, Davos è sempre di più un palcoscenico per i Paesi emergenti, quelli che hanno meno occasione di farsi sentire ma che dalla globalizzazione degli scorsi trent'anni hanno più guadagnato e oggi si ritrovano a essere i nuovi protagonisti dell'economia.Imprese indiane che organizzano incontri e feste, professori cinesi che parlano di dollaro e di crescita, politici brasiliani che lanciano allarmi sul commercio e le guerre valutarie. Se il Davos Man dovesse risuscitare quest'anno, avrebbe la pelle scura, l'entusiasmo visionario di un imprenditore indiano ma anche l'aria compassata di un funzionario cinese, i toni rassicuranti della signora Merkel e forse le doti di equilibrista del presidente Medvedev.

Avrebbe anche imparato a parlare di povertà, di posti di lavoro, di crisi alimentare, di clima, di inclusione, di religione, di migrazioni. Che sono i punti forti dell'altra fatica del professor Schwab: fare del Forum qualcosa di meno lontano dal resto del mondo, che parla di cose concrete, che continua a dipingere il quadro generale in cui si connettono le crisi del pianeta ma cerca anche piccole soluzioni. Il fatto è che qui siamo nella terra di nessuno, dove il successo è in dubbio: duemilacinquecento membri di quella che si auto considera (ed è considerata dai media) l'élite globale che invece di celebrarsi scendono a fare qualcosa che ha un valore concreto per le persone in difficoltà. Tutto da verificare che possa succedere. Da dimostrare che l'incontro che ha raccontato per anni i trionfi della globalizzazione possa diventare ora il summit dei buoni e generosi della terra.

Per adesso, a Davos si cerca soprattutto di fare del training, di insegnare ai leader come si può uscire dalla torre dorata, come si può non avere paura delle sfide enormi che il mondo ha di fronte. Per dire qual è il «nuovo» clima, alcuni super-amministratori delegati - tra loro il numero uno di Skype Tony Bates, il boss di Ups Dan Brutto - saranno messi «under the gun», minacciati con la pistola: un team di ex rifugiati e di volontari della Crossroads Foundation li sottoporrà a una simulazione di come è la vita durante un conflitto etnico, farà provare loro l'arroganza di militari brutali, li priverà di ogni difesa, li lascerà senza possibilità di fare nulla. Interessante. Utile. Ma narrare il futuro, come un tempo faceva Davos, è un'altra cosa. Probabilmente, oggi, impossibile.

mar, 25 gen 2011 - CORRIERE DELLA SERA - Autore: Danilo Taino - Pag. 16

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