Sarà l’ennesimo slittamento o è davvero in arrivo l’accordo sulla #TTF europea?



Il negoziato tra 11 Paesi dell’Unione Europea, tra questi l’Italia, sulla Tassa europea sulle Transazioni Finanziarie (TTF) ha superato ormai da mesi il suo secondo anno di vita. Tra brusche frenate, vicoli ciechi, tanta fatica e improvvisi quanto sporadici slanci.

 

Veloce cronistoria dei continui rimandi. Il leitmotiv è sempre lo stesso: ‘siamo alla ricerca di un compromesso’, con scadenze auto-imposte, finora mai rispettate. Rimbombano ancora forti le parole del Ministro Padoan pronunciate a margine dell’ECOFIN a maggio 2014: ‘C’è accordo per andare avanti nel processo di adozione della tassa sulle transazioni finanziarie, con l’impegno di avere i primi risultati concreti che tasseranno le azioni e alcuni derivati per la fine di quest’anno’. Arriva la fine dell’anno e… niente di fatto!
I negoziati ripartono a regime lo scorso gennaio. Il mese di maggio è ancora il mese dell’ottimismo istituzionale. Il sole tardo-primaverile rinfranca e il Ministro annuncia con soddisfazione ‘Sulla definizione di una tassa sulle transazioni finanziarie e i suoi criteri di applicazione, sono stati fatti importanti progressi e continuando a questa velocità, i paesi europei del cosiddetto G11 (ndr gli 11 Paesi della cooperazione rafforzata coinvolti nel negoziato) potrebbero raggiungere un accordo già entro quest'anno’.

 

Perché tanta poca trasparenza in questo negoziato? Il milione di cittadini che ha firmato la petizione a favore della TTF europea ha diritto di sapere cosa accade dietro le quinte e quanto il settore finanziario sta condizionando la definizione di un accordo per difendere propri interessi di mercato.  
Eppure anche quando interpellati istituzionalmente dal Parlamento italiano, gli esponenti del Governo non hanno mai chiarito con sufficienti dettagli quale fosse la posizione dell’Italia in questo negoziato. Una mancanza di trasparenza che certo non risponde all’esigenza dei cittadini di essere informati e poter così valutare nel merito l’operato del Governo.

 

Eppure qualcosa trapela. E’ evidente che in questo negoziato c’è stanchezza e non si vede l’ora di arrivare a un accordo. Bene, ma a che prezzo? La stanchezza fa cedere più velocemente le posizioni e maturare compromessi al ribasso, pur di arrivare… a cosa? Di certo, non a un risultato che soddisfa le migliaia di cittadini che vi hanno chiesto ai propri Leader di essere ‘ambiziosi’.


La presidenza austriaca del negoziato ha presentato a giugno uno schema di accordo sui ‘pilastri fondamentali’ della TTF. Pochi punti. Ne ricordiamo volentieri i principali:
i)   la più ampia base imponibile possibile per i derivati con applicazione del principio di residenza (come da proposta della Commissione) e differenziazione dell’imponibile a seconda delle diverse categorie di derivati con la possibilità di escludere i derivati con sottostante rappresentato dai titoli di Stato; 
ii)  applicazione del principio di emissione per le azioni
iii) tassazioni di ogni singola transazione azionaria (e non il netting giornaliero come per la TTF italiana);
iv) definizione stringente per le attività di
market-making per evitare che gli high-frequency-trader (veri signori dell’arbitraggio, scalper, provider di liquidità virtuale; ma forse al Ministero se ne vuole difendere il ruolo significativo per la price-formation: ditecelo forte e chiaro, per favore!) possano abusare del regime di market-making;
v) esenzione dalla tassazione dei titoli pubblici.   


Pochi punti che la campagna ZeroZeroCinque è pronta ad accettare!  La proposta austriaca sembra in ogni caso venire incontro a tutte o quasi le riserve istituzionali italiane! 
Non è il miglior risultato possibile, ma vogliamo che non si arretri di un passo di più!



 

Domani a margine dell’Ecofin: quale possibile accordo? Accellerate e possibili compromessi al ribasso sono i rischi da scongiurare. Ecco perché ci rivogliamo direttamente a Lei, Ministro Padoan.  Come è possibile che nemmeno sui pochi macro-punti di matrice austriaca ci sia un accordo? Qual è la posizione dell’Italia e che partita vuole giocare? L’accordo è in arrivo, a cosa l’Italia contribuirà? A mantenere l’accordo sufficientemente ambizioso ed efficace, o si renderà co-responsabile di un gioco al ribasso?
 

In un contesto di crescita dei livelli di disuguaglianza e povertà sarebbe incomprensibile ai più come si possa scegliere di tutelare gli interessi della finanza speculativa, piuttosto che assicurare delle entrate fiscali in grado di generare risorse estremamente utili e necessarie per programmi di lotta alla povertà in Italia e nel mondo e per finanziare misure di contrasto al cambiamento climatico. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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